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CAPITOLO I

 

 

LO STATO VETROSO

 

1) Definizioni

 

1.1) Lo stato vetroso è caratteristico di materiali solidi non cristallini

la definizione si deve a Tamman uno dei padri nello studio del vetro . essa appare troppo generale poiché anche l’essiccazione di gel o la deposizione di vapori producono sostanze amorfe ma non vetrose.

1.2) Il vetro è un prodotto inorganico raffreddato dallo stato di fuso fino a diventare un solido non cristallino

Questa definizione si deve alla American Society for Testing Materials essa risente molto del contesto culturale nel quale è stata formulata, è una definizione da tecnologi e per giunta non è precisa: infatti molte sostanze organiche possono essere considerate dei vetri,® zucchero (saccarosio) caramellato o filato, inoltre si possono ottenere vetri applicando la sola pressione senza ausilio della fusione: sottoponendo ad esempio il selenio fuso (P.F. = 313 K) alla P di 11 Kbar si ha il passaggio allo stato vetroso.

1.3) In senso chimico-fisico un vetro è un liquido sottoraffredato che ha subito un processo di congelamento strutturale

è la definizione più moderna, intorno alla temperatura di trasformazione vetrosa (Tg) avviene un processo continuo di trasformazione dallo stato liquido a quello vetroso.

 

 

2) Fusione di un solido

In un solido cristallino ( Es. NaCl, struttura AB ) a T ambiente gli atomi del reticolo vibrano intorno a posizioni medie, è una situazione di equilibrio statistico nella quale il numero di atomi che si allontanano dal baricentro (rappresentato dalle posizioni medie del reticolo cristallino) è uguale al numero degli atomi che vi ritornano. All’aumentare della temperatura l’ampiezza delle vibrazioni aumenta fino a raggiungere la temperatura di fusione del solido l’energia fornita servirà per allontanare gli atomi dalle loro posizioni di equilibrio, come risultato la temperatura rimarrà costante, l’energia fornita in eccesso costituirà il calore di fusione: essa sarà poi restituita durante il raffreddamento del liquido come calore di cristallizzazione.

 

 

Fig1.

Reticolo cristallino del NaCl formato da due reticoli FFC interpenetrati

Fig.2

Curva temperatura tempo in un solido cristallino, in tratteggio è data la curva di raffreddamento

 

 

3) Passaggio dallo stato liquido a quello vetroso

In generale un liquido tende a solidificare in un vetro quando la mobilità degli elementi che lo costituiscono ( atomi o molecole) è tanto ostacolata da impedire un loro ordinato arrangiamento in una struttura cristallina durante il processo di raffreddamento.

Vetro formatori: ossidi come SiO2, B2O3, P2O5, GeO2 che non sono così elettropositivi da formare strutture ioniche come il NaCl né così elettronegativi da formare molecole discrete con legami covalenti come ad es. la CO2 in effetti come vedremo successivamente il legame chimico nei vetri può essere considerato di tipo "misto".

Nei vetri silicatici l’ostacolo principale all’ordinamento degli atomi in una struttura cristallina è dato dal rapidissimo aumento della viscosità durante il processo di raffreddamento. In effetti una caratteristica delle sostanze che formano vetri è quella di formare una fase liquida di alta viscosità in prossimità del punto di fusione ( SiO2 = 107 Poise, H2O = 10-2 Poise).

La ragione del fenomeno, come vedremo in seguito, è dovuta alla tendenza dei gruppi silicatici a formare reticoli tridimensionali.

Nei solidi organici la "driving force" verso lo stato vetroso è piuttosto data dalla loro tendenza alla polimerizzazione o alla formazione di legami intermolecolari o "cross-linking".

Nella formazione di un vetro il tempo gioca un ruolo determinante in questo caso diventa critico il rapporto tra velocità di cristallizzazione della fase solida e velocità di raffreddamento: si sono ottenuti vetri anche da elementi non vetro-formatori come i vetri metallici per i quali si raggiungono gradienti di raffreddamento dell’ordine di 10 6 K/secondo, in questo caso la velocità di raffreddamento è così elevata da impedire la nucleazione e la crescita dei cristalli.

 

 

4) Proprietà caratteristiche

Il vetro non è una sostanza definibile da particolari proprietà chimiche o fisiche, in effetti si può parlare di un vero e proprio stato di aggregazione della materia ( insieme allo stato solido, liquido,gassoso e di plasma) al quale svariate sostanze organiche ed inorganiche vi appartengono§ 1.1

§ 1.1

 

 

Studi di X-Ray scattering a bassi angoli (SAXS) e di diffrazione elettronica mostrano che il vetro possiede un ordine a medio-breve raggio. Nel primo diagramma è riportato l’andamento della funzione di distribuzione radiale f ( essa specifica la densità atomica in funzione della distanza da un riferimento): l’andamento di f in un solido cristallino è indice di un ordine di breve raggio che si ripete all’infinito in tutto il cristallo, nel vetro si notano dei picchi allargati in una configurazione che mostra una perdita di ordine nel lungo periodo. Si noti la somiglianza della f con quella dello stato liquido.

Il secondo diagramma mostra la dipendenza dell’intensità del raggio diffratto in funzione dell’angolo di diffrazione .Da quanto si può ricavare da questi studi strutturali lo stato vetroso appare intermedio tra lo stato solido e quello liquido.

Il vetro ha un punto di fusione non definito, se sottoposto ad una forza tangenziale esso si comporta in maniera elastica come nei solidi cristallini ( fibre di vetro), se sottoposto per lunghi periodi a stress tende invece a fluire come un liquido ( le sezioni delle vecchie finestre presentano uno ispessimento alla base),in definitiva nello stato vetroso si combinano la rigidità a breve termine tipica dello stato cristallino con una debole fluidità a lungo periodo tipica dello stato liquido.

Le proprietà dello stato vetroso sono isotrope.

 

5) Diagramma volume-temperatura

Nel diagramma, § 1.2 si mettono in evidenza le relazioni tra liquido vetro e cristallo. Supponiamo di partire dal punto A in cui la sostanza è allo stato liquido: al diminuire della temperatura il volume del liquido diminuisce lungo il segmento AB ( lo slope della retta coincidente con AB rappresenta il coefficiente di espansione termica che nei liquidi è in genere superiore a quello dei solidi).Se la velocità di raffreddamento è sufficientemente bassa e sono eventualmente presenti dei centri di nucleazione allora in B si avrà la cristallizzazione e Tf si dirà temperatura di cristallizzazione ( o di fusione), il volume diminuirà bruscamente lungo il segmento BC, diminuendo ulteriormente la temperatura il volume si contrarrà in misura minore lungo il semento CD.

§ 1.2

La linea unita nel diagramma corrisponde ad una condizione di equilibrio termodinamico.

Se tuttavia la velocità di raffreddamento è più elevata in B non avverrà cristallizzazione e saremo in presenza di un liquido sovraraffreddato il cui volume diminuisce lungo il segmento BE. Alla temperatura Tg detta di transizione vetrosa si ha una variazione nella pendenza della retta: intorno a questa temperatura si ha l’effettivo passaggio da liquido a vetro.

In effetti la temperatura di transizione vetrosa Tg varia con la velocità di raffreddamento come si vede in figura 3 quindi, in effetti si deve parlare più propriamente di un range di temperatura di transizione vetrosa. In questo intervallo di temperatura il vetro subisce una riorganizzazione interna acquistando, come vedremo peculiari caratteristiche chimico-fisiche.

 

Fig. 3

andamento della curva volume-temperatura a seconda della velocità di raffreddamento: I = raffreddamento veloce; II = raffreddamento normale; III = raffreddamento lento

mentre la linea intera corrisponde ad una situazione di equilibrio termodinamico la linea tratteggiata indica che il liquido sovraraffreddato si trova in una condizione di equilibrio metastabile. Al punto di transizione vetrosa( E ) a causa dell’aumento della viscosità, tipicamente log h =13 Poise,il riassestamento strutturale del liquido sovraraffreddato verrà congelato rendendo impossibile il raggiungimento dell’equilibrio termodinamico.

Visualmente il raggiungimento dell’equilibrio equivarrebbe al ricongiungimento del prolungamento della linea tratteggiata con la linea intera del cristallo, vedremo in effetti in seguito che ci sono ragioni termodinamiche che rendono questo impossibile.

L’esistenza dell’equilibrio metastabile è provata da un semplice esperimento: se manteniamo un vetro ad una temperatura T leggermente inferiore alla temperatura di transizione vetrosa Tg notiamo una contrazione del volume da G a G proprio come se il sistema fosse "scivolato" lungo il prolungamento della curva tratteggiata.

Nell’intervallo di transizione vetrosa avvengono riorganizzazioni strutturali, d’altra parte la temperatura di transizione dipende dalla velocità di raffreddamento del liquido sovraraffreddato, quindi si può affermare che le proprietà di un vetro dipendono dal modo con cui è stato raffreddato o in ultima analisi dalla sua storia termica.

Quanto detto ci introduce al fenomeno della stabilizzazione. Le curve mostrate in figura § 1.3 mostrano come varia l’indice di rifrazione di un vetro nel tempo mantenendo una temperatura costante: appena inferiore a quella sperimentale ( curva superiore) o lasciando raffreddare il liquido fino alla temperatura sperimentale (curva inferiore). Come si vede l’indice di rifrazione tende ad un valore di equilibrio; tanto più alta è la temperatura tanto minore è la viscosità del liquido e tanto minore è il tempo con il quale viene stabilito l’equilibrio.

§ 1.3

 

Si definisce un tempo detto tempo di rilassamento t che è correlato alla viscosità del fluido h ed alla deformazione G che si genera in conseguenza del riassestamento strutturale:

 

se log h = 13 e G = 3· 109 N/m2 allora per h =1013 Poise il tempo di rilassamento è di un minuto e per h =1015 Poise il tempo di rilassamento è di 100 minuti.

 

 

 

 

 

 

6) Diagramma calore specifico-temperatura§ 1.4

 

 

 

Consideriamo la variazione del calore specifico Cp ( derivata dell’entalpia a pressione costante ) in funzione della temperatura per un composto cristallino ed un vetro di uguale composizione.

Nel primo tratto (D) le due curve hanno identico andamento ed il calore specifico decresce con la temperatura ( questo fenomeno è legato ad una minore libertà di movimento delle unità strutturali del fuso cioè ad una diminuzione delle possibili configurazioni accessibili), se il solido cristallizza (curva tratteggiata) si osserva una brusca diminuzione del Cp alla temperatura di fusione mentre nel caso di un liquido sovraraffreddato il valore del calore specifico decresce più lentamente passando per un flesso alla temperatura di transizione vetrosa Tg fino alla temperatura Ta dove l’andamento della curva del vetro si avvicina a quello del cristallo.

Nell’intervallo Tb ( log h =8 ) Ta (log h =13,5) nei vetri silicatici il fuso solidifica in un vetro; si noti che il valore del calore specifico del vetro é sempre superiore al calore specifico del cristallo ad ulteriore dimostrazione del fatto che il primo si trova in uno stato di equilibrio metastabile.

Esiste un limite teorico all’intervallo di transizione vetrosa: alla temperatura di fusione Tm l’entropia del cristallo Scrist è inferiore a quella del fuso Sfuso di una quantità pari all’entropia di fusione

raffreddando al di sotto della temperatura di fusione il liquido perde entropia più rapidamente del cristallo, alla temperatura di transizione vetrosa la perdita netta di entropia del vetro è pari all’area tratteggiata ma pur sempre inferiore all’entropia di fusione: in effetti il vetro ha un’entropia più alta del cristallo, il limite teorico T0 è quello per il quale questa perdita di entropia diviene uguale all’entropia di fusione del cristallo.

In effetti si dimostra che questo limite non viene mai raggiunto (se non per tempi infinitamente lunghi).

Vediamo dalla figura § 1.7 che mostra la relazione tra entropia e temperatura in un sistema vetro-cristallo che l’entropia di un vetro rimane sempre superiore a quella di un cristallo ( il vetro è un sistema "più disordinato" del cristallo), per estrapolazione alla temperatura dello 0 assoluto (-273 °K) si parla di entropia del punto 0 D S0 (per SiO2 D S0= 4J/Mole K ).

Prolungando la curva del liquido sovraraffreddato lungo la linea tratteggiata essa intersecherebbe la curva del cristallo alla temperatura T0 ma in questo modo si provocherebbe il paradosso che ad una temperatura T < T0 l’entropia di un vetro diverrebbe più bassa di quella di un solido di uguale composizione il che è termodinamicamente impossibile.(Kauzmann).

Analoghe relazioni si possono ottenere con altre proprietà dei vetri come la variazione del coefficiente di espansione a, dell’indice di rifrazione n della resistività elettrica ecc.

§ 1.7

7) Misura della Tg

La temperatura di transizione vetrosa che è tipica di ogni vetro al pari del punto di fusione per i solidi cristallini può essere calcolata per mezzo di una DTA ove si misura una piccola gobba endotermica indice della variazione del calore specifico, oppure più comunemente con un dilatometro in cui si valuta la variazione nella lunghezza di un campione di lunghezza standard (50 mm) per un definito gradiente di temperatura (5°/min).(Figura 4).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fig 4

Nella figura 5 si vede come la storia termica influenzi le proprietà di un vetro: in A il vetro è stato raffreddato lentamente esso ha così avuto il tempo di contrarsi a sufficienza, in B e C il vetro è stato raffreddato più velocemente, non ha avuto il tempo di contrarsi completamente e quindi in riscaldamento si nota una contrazione residua. (C è il caso limite di un vetro raffreddato rapidissimamente -fibra di vetro-).

 

 

 

Fig. 5

 

 

 

 

8) Considerazioni termodinamiche sul passaggio allo stato vetroso

 

Consideriamo la relazione fondamentale della termodinamica:

per un liquido alla temperatura T valgono le seguenti relazioni (dove Cp é il calore specifico)

 

prendiamo come esempio il glucosio: questa è una sostanza che fonde alla temperatura di 414 °K e che, se raffreddata, forma con facilità un vetro . La figura § 1.5 ci mostra come variano l’entalpia ed il volume specifico con la temperatura rispetto alla variazione con la temperatura del calore specifico e della espansione termica che rappresentano le loro derivate parziali, come vediamo dalle seguenti relazioni:

§ 1.5

esprimendo l’entalpia in funzione dell’energia libera a pressione costante

allora il calore specifico diventa:

analogamente poiché il volume specifico a temperatura costante è espresso dalla relazione:

il coefficiente di espansione termica diventa

Notiamo che nel caso della variazione dell’entalpia ed del volume specifico nella trasformazione in un vetro non siamo in presenza di gradini come nel caso del passaggio di stato dal liquido al cristallo. Gradini più pronunciati appaiono invece con le loro derivate prime: il calore specifico ed il coefficiente di espansione termica: questo farebbe supporre che il passaggio allo stato vetroso abbia le caratteristiche di una transizione del secondo ordine, tuttavia come vediamo dalla figura § 1.6 in una vera transizione del secondo ordine la derivata seconda dovrebbe presentare una discontinuità cosa che in pratica non succede mai, quindi per concludere il passaggio da un liquido sottoraffreddato ad un vetro può essere visto come una transizione che si avvicina ad un passaggio di stato del secondo ordine questa definizione a ben pensarci si attaglia meglio per un solido derivato da un processo di congelamento di un liquido in modo che venga conservata la "memoria" della primitiva struttura del liquido.

§ 1.6

 

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